Titanic. Il naufragio dell'ordine liberale by Vittorio Emanuele Parsi

Titanic. Il naufragio dell'ordine liberale by Vittorio Emanuele Parsi

autore:Vittorio Emanuele Parsi [Parsi, Vittorio Emanuele]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: International Relations, Contemporanea, General, Politica, Political Science
ISBN: 9788815274175
Google: N4znswEACAAJ
editore: Il Mulino
pubblicato: 2018-10-15T09:18:29+00:00


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[1] http://www.cinaforum.net/xi-jinping-congresso-partito-comunista-cinese-lancia-il-partito-del-popolo-vita-migliore-per-tutti-il-socialismo-poi/, ultimo accesso 20 ottobre 2017.

4.

Il terrorismo, la polverizzazione della minaccia e il disastro mediterraneo

Quello della polverizzazione e privatizzazione della minaccia all’ordine internazionale è un fenomeno qualitativamente nuovo rispetto al precedente appena trattato, ma ormai non certo inedito. Comparso su vasta scala nel primo decennio del nuovo secolo, ha assestato il primo duro colpo all’ordine liberale. Si tratta di un attacco alla sua dimensione securitaria, i cui effetti devastanti sono stati pienamente compresi solo progressivamente. La natura terroristica dell’attacco, multiplo e di estrema gravità, portato dalla periferia al centro del sistema e la condanna sostanzialmente unanime che attirò, sembrarono paradossalmente rafforzare la legittimità dell’egemonia americana. Eravamo ancora nella fase compiutamente unipolare del sistema internazionale, quella in cui nessuna potenza si proponeva come rivale degli Stati Uniti. Il decennio precedente – quello dei «ruggenti anni Novanta», per dirla con Joseph Stiglitz – era stato caratterizzato da una fortissima crescita economica, capace di porre fine all’affaticamento che aveva contrassegnato il post Guerra Fredda.

Il rallentamento dell’economia americana e il perdurare di tassi di disoccupazione importanti avevano determinato l’inattesa bocciatura di George H. Bush alle elezioni presidenziali del 1992. La non riconferma del presidente che aveva gestito con prudenza e audacia la fine della Guerra Fredda e guidato la coalizione internazionale nella vittoriosa guerra contro l’Iraq per la liberazione del Kuwait (1990-1991) era stata sorprendente. L’agenda del suo successore, Bill Clinton, sarebbe stata dominata dai temi economici della ripresa e della lotta alla disoccupazione (oltre che da scandali di natura erotica) e la politica internazionale vi avrebbe fatto irruzione soprattutto in quanto «imposta dai fatti» (come avrebbe potuto osservare un redivivo Lord Palmerston). Se il fallimentare intervento in Somalia aveva rafforzato ancora di più la prudenza non interventista del nuovo presidente democratico, il perdurare del conflitto nella ex Iugoslavia, l’insipienza europea e l’efferatezza e magnitudine della violenza impiegata avrebbero invece spinto gli Stati Uniti a prendere la leadership delle operazioni militari in Bosnia, per arrivare al processo di pace di Dayton (1996). Gli anni di Bill Clinton rappresentarono l’apogeo della potenza americana, in cui niente e nessuno sembravano poterle arrecare danno; ma questa superiorità assoluta fu in buona parte sprecata. Furono anni sprecati anche nei termini della strutturazione del nuovo ordine economico e finanziario globale al quale, nelle parole di Stiglitz, allora membro dell’amministrazione di Bill Clinton, «nessuno pensava di dover mettere mano» [Stiglitz 2004, 21].

Gli attentati dell’11 settembre ruppero la tradizione di invulnerabilità degli Stati Uniti, produssero, come si diceva, una genuina ondata di solidarietà che circondò anche l’esordio della campagna in Afghanistan nel dicembre dello stesso 2001. La guerra del 2003 contro Saddam Hussein – giudicata quasi unanimemente sconnessa dalla ragione ascrittale di combattere il terrorismo – consumò rapidamente questo surplus di legittimità guadagnato con l’11 settembre. L’intervento suscitò critiche molto dure anche tra gli alleati (Francia e Germania in particolare), apparendo una manifestazione di hybris imperiale, erodendo quella convinzione che, come avrebbe sostenuto John Lewis Gaddis, aveva portato per tanto tempo una gran parte dell’opinione pubblica e dei



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